“Ogni volta che il pubblico milanese è chiamato da qualche avvenimento verso San Siro, una nuova, fiorente zona della città gli si rivela. Così i milanesi che trarranno in folla ad ammirare le audacie aviatorie di Pégoud potranno ammirare le nuove costruzioni di via Monterosa, vale a dire gli eleganti villini signorili provvisti di ogni moderno e desiderabile confort, che in quella posizione, fra le migliori della città, sono stati costruiti dall’impresa Motta e Barozzi, dal cui studio, in via San Vito 21, a Milano, si ottengono schiarimenti e preventivi gratis a richiesta”[1].
Audace invero era anche questa pubblicità occultata entro un anonimo breve, che magnifica oltre ogni misura una serie di villini a schiera, uno accanto all’altro, che ai nostri occhi moderni appaiono inverosimilmente sovraccarichi di ogni genere di decorazione, tratte da tutti i repertori stilistici. Archiviato ormai lo stile floreale, il recupero eclettico di tutti i linguaggi storici crea una pastiche a tratti grottesca nel suo horror vacui per il quale ogni frammento deve distinguersi da quello adiacente: interessanti come reperto, ma eleganti non diremmo più. Tuttavia il confronto tra la situazione odierna e quella che si presentava tra il 1914 ed il 1955 lascia comunque un po’ di amaro in bocca.
Il servizio fotografico di Ugo Zuecca – della mia collezione personale, visibile nella galleria in basso – con gli alberi spogli, probabilmente eseguita nel tardo febbraio o nel marzo 1915, riprende probabilmente il piccolo villaggio a fini pubblicitari, con il cartello dell’impresa bene in vista e talvolta la figura massiccia di uno dei soci, che immaginiamo collocare paziente la scritta qua e là aspettando lo scatto, immerso magari in riflessioni sulla speculazione edilizia in corso. Via Monte Rosa al tempo non aveva veri e propri marciapiedi; il selciato non riusciva ad impedire al fango di accumularsi per ogni dove, come le cronache del tempo riportano abbondantemente: soprattutto le strade periferiche – e via Monte Rosa nel 1914 era ai margini della città – erano sommerse dal fango nei mesi invernali e dalla polvere nei mesi estivi.
Il villaggio era compreso tra le attuali vie Pellizza da Volpedo e via Filippo Carcano, a quel tempo ancora di fatto non esistenti: le Carte Tecniche Comunali del 1930 e del 1946 evidenziano otto villini, tutti con piccolo giardino retrostante, articolati in modo da sottolineare volumetricamente la propria identità sia pure all’interno di un linguaggio ecletticamente “unitario”: si ha così un insieme a modo suo armonico nella chiassosa costellazione di bifore, trifore, colonnine, sbalzi, inserti, bassorilievi. La collezione fotografica di Zuecca illustra sette degli otto villini; manca infatti l’ex civico 45 secondo la numerazione originaria (poi 57), forse non a caso indicato come l’indirizzo della “Motta e Barozzi” e quindi non disponibile alla vendita. L’Archivio della Camera di Commercio di Milano indica quale indirizzo ufficiale della ditta via San Vito 21, presso il Carrobbio; forse questa era la sede legale, mentre viale Monte Rosa 45 nel 1914 era stata scelta come abitazione da uno dei due soci dell’impresa edile.
Tragicamente superati già alle soglie della Grande Guerra, questi villini dovevano apparire grotteschi agli occhi dei milanesi dopo il secondo conflitto mondiale. L’ansia di realizzare ingenti profitti suggerì evidentemente la loro demolizione, giustificata naturalmente dalla loro “immoralità” linguistica in piena epoca razionalista. La CTC del 1956 mostra già una situazione intermedia, con alcuni villini demoliti ed altri in attesa. Nel giro di pochi mesi comunque la loro esistenza sarebbe stato solo un pallido ricordo. Dopo averne cantato l’epicedio, esaminiamone le cronache edilizie grazie agli atti di archivio conservati presso l’Ornato Fabbriche dell’Archivio di Milano; è necessario premettere che, purtroppo, non tutti i documenti relativi alla progettazione e costruzione sono stati ritrovati: infatti non vi è traccia delle prime tre villette ex civici 37-39-41 – citate nell’articolo di giornale del febbraio 1914 – ma solamente delle cinque successive.
Il primo documento in ordine cronologico che è stato possibile reperire è la domanda di Nulla Osta per la realizzazione di “nuovi fabbricati uso 5 villette” in via Monterosa, come si scriveva all’epoca, ai numeri 55/63, progetto dell’ing. Agrati e costruttore gli stessi committenti Motta e Barozzi. La descrizione particolareggiata delle opere è la seguente:
“5 villette per abitazione civile a 2 piani compreso il terreno rialzato ed escluse le torrette, di comprensivi 40 locali esclusi i gabinetti i bagni i Wc. Fronte su via Monterosa arretrata per m. 2.00, 3.00 come dai disegni. Cancellata in ferro battuto che darà su filo stradale, le parti in arretramento, scale in marmo, riscaldamenti, ecc”.
La sintassi zoppicante e la punteggiatura disinvolta sembrerebbero indicare in uno dei due “patron” dell’impresa l’autore del breve scritto, che sembra un capitolato sintetico piuttosto che la descrizione di un progetto architettonico. Il Nulla Osta dal punto di vista del Piano Regolatore e dai vari uffici preposti dall’amministrazione del tempo è datato 18 novembre 1913, mentre il parere della Commissione igienico-edilizia è del successivo 3 dicembre, con qualche osservazione del presidente architetto Giovanni Giachi – nome che forse qualcuno ricorderà:
“Si approvano le piante. Nelle facciate la Commissione vorrebbe che venissero meglio rifinite le tre [villette] centrali onde ovviare nel futuro allo sconcio che ne verrebbe quando ad alcuna di esse venisse applicata una tinta diversa da quella delle altre”.
La preoccupazione della Commissione è comprensibile: i disegni mostrano infatti un insieme ad un tempo unitario e diversificato, nel tentativo di armonizzare linguisticamente il piccolo villaggio permettendone comunque la vendita a singoli proprietari; pertanto la parte centrale, costituita da parti simmetriche e ripetute, rischiava di apparire bizzarra qualora le varie proprietà in cui sarebbe stata suddivisa fossero state colorate diversamente in base alle proprietà. La risposta dell’impresa di costruzioni C.M. Motta e Barozzi non si fece attendere:
“16.12.1913.
Nei riguardi alle osservazioni fatta dalla spett. Comm. Edilizia per le tre villette centrali del progetto N. 9628 Rip. IX si fa notare che dette villette per la speciale policromia delle facciate non sono né possono essere ad alcun cambiamento da parte dei singoli proprietari che sono nei contratti di vendita reciprocamente obbligati alla conservazione integrale delle facciate. Inoltre essendo l’intonaco di cemento martellinato a tinta gialliccia non necessita di nessuna mano di tinta.
Era intenzione dei sottoscritti sui meriti di dette costruzioni mantenere un aspetto d’insieme e non eseguire tre fronti di diverso carattere che data la loro poca estensione non avrebbe a loro criterio avuto il migliore degli aspetti. Con ossequi, p. Motta & Barozzi”.
L’ingegner Carlo Agrati prende comunque atto delle modifiche da eseguire ed il nuovo progetto relativo ai soli numeri 55-57-59 è approvato dalla Commissione igienico-edilizia il 21 gennaio 1914. Tuttavia i disegni mostrano dei prospetti in parte diversi rispetto a quelli che saranno poi effettivamente realizzati; ad esempio, si prenda in esame il prospetto del civico 55, poi 43: un progetto neomedievale, con trifore e bifore, archi gotici polilobati ed a sesto acuto, inserti bicromatici ed una generosa proliferazione di cornici e decorazioni ad onore delle torrette. In ogni caso, il progetto questa volta ebbe esito positivo da parte della Commissione e fu rilasciato in data 5 febbraio 1914 Nulla Osta per le opere edilizie.Segue una comunicazione inviata dalla “Motta e Barozzi” al Comune di Milano datata 31 gennaio 1913, ma che con ogni probabilità risale al 1914, per richiedere la “prima visita” al rustico:
“On.le Giunta Municipale di Milano. I sottoscritti fanno istanza presso questa spett.le amministrazione affinché venga eseguita la visita del rustico delle erigende villette di via Monterosa ai civici numeri 55-57-59-61-61 A come progetto presentato N. 149.101 Rip. IX. Con ossequi
Motta & Barozzi”.
Tempi davvero troppo ristretti e non troppo sorprendentemente, infatti, il 9 febbraio seguente il verbale relativo comunica l’esito negativo del sopralluogo effettuato; probabilmente l’impresa aveva forse avuto degli inattesi ritardi durante i lavori nelle settimane invernali oppure non si aspettava una risposta così rapida da parte dell’ufficio comunale preposto. Tra l’altro il Nulla Osta seguente alla variante richiesta dalla Commissione Edilizia porta la data del 5 febbraio 1914 pertanto pare evidente che il tentativo, che ammettiamo in buona fede, dell’impresa di forzare un poco i tempi della burocrazia furono, per una volta, sbagliati.
Una seconda richiesta per la visita al rustico fu inviata pertanto in data 10 marzo 1914 ed il successivo 17 aprile fu finalmente eseguita da parte del tecnico comunale, questa volta con esito positivo. A distanza di pochi giorni è una comunicazione del 16 marzo 1914 piuttosto rilevante:
“I sottoscritti avendo durante durante [sic!] la costruzione del villino di via Monterosa civico N. 51 apportato varie modificazioni sia alle piante che alle facciate, ne domandano, prima della visita del civile, sanatoria al quale On.le Giunta si unificano all’uopo le piante ed una fotografia della fronte. Con osservanza,
Motta & Barozzi”.
Le successive visite al civile furono limitate ai vari civici presi singolarmente, giacché è probabile che i lavori proseguissero asimmetricamente nelle varie fasi del cantiere ma sopratutto per evitare ulteriori, inutili spese per sanzioni comunali come era accaduto per la visita al rustico; così ad esempio il 24 aprile 1914 risulta una prima visita al civile per il solo civico 43, più una suppletiva eseguita il 21 agosto successivo. All’interno del fascicolo, oltre ai disegni modificati, sono presenti due fotografie coincidenti con quelle in possesso dello scrivente, con la dicitura “stato attuale”, di cui una è proprio quella del civico 51 a dimostrazione che le villette a quella data erano, di fatto, tutte completate ormai almeno nelle parti esterne, giacché esse sono con ogni probabilità state scattate lo stesso giorno, intorno alla metà di marzo 1914.
È interessante osservare che le riforme delle facciate, che assunsero un vago sapore moresco, riguardarono alla stessa data del 16 marzo 1914 anche gli altri civici, come ad esempio il 49, come da altre domande firmate dai novelli proprietari. Piccole modifiche, regolarmente protocollate, riguardarono inoltre particolari soluzioni, ingegnose ma obiettivamente anomale, per la ventilazione dei locali adibiti a servizi igienici relativamente ai civici 45 e 49: si prevedeva infatti di aerare il locale del piano terreno mediante apertura zenitale collocata sul tetto, mediante un collegamento verticale piuttosto macchinoso.
Dopo la conclusione dei primi tre civici 37-39-41, evidentemente più o meno conclusi nel febbraio del 1914, gli altri cinque furono terminati progressivamente dall’estate 1915 a quella del 1916, al di là delle varie difficoltà burocratiche riscontrate anche in relazione alla consueta “disinvoltura” con la quale le imprese di costruzioni si relazionavano con le autorità comunali. Il 16 marzo 1915 Motta e Barozzi ad esempio inviarono una breve comunicazione al Municipio per informare di aver eseguito alcune limitate varianti alle facciate dei civici 49 e 51, allegando semplicemente due fotografie – qui riportate insieme alle altre.
Nel corso del 1916 i lavori sono ormai completati: il 16 febbraio si richiede l’abitabilità del civico 49. Tuttavia è interessante osservare che ad esempio il civico 51, che dalle foto risultava almeno esternamente completato sin dalla fine dell’inverno 1915, risultava ancora non occupato: la guerra in corso aveva probabilmente contribuito a rallentare i lavori ed a rendere più difficoltosa la vendita.
I villini sopravvissero alla Seconda Guerra mondiale, per essere, come accennato sopra, demoliti a turno intorno al 1956; la Carta Tecnica Comunale del 1956 infatti già mostra parte del complesso ormai scomparso. Rimane la curiosità di conoscere il tipo di vita che si svolgeva qui: piccola borghesia forse, ansiosa di legittimare socialmente il proprio status in proprietà autonome e riconoscibili.
(Villini Motta & Barozzi, via Monte Rosa 37-39-41-43-45-47-49-51 – α 1914-15 – ✝ 1956 circa)
[1]“Villini signorili verso San Siro” nel “Corriere della Sera”, 14 febbraio 1914, p. 5.